Lavoro, sempre più carenza di profili sul mercato
La carenza di lavoratori sul mercato, con la difficoltà crescente che le imprese incontrano nel trovare i profili di cui hanno bisogno sta diventando un’emergenza nazionale. La notizia di fatto è nota da tempo a tutti gli operatori del settore. Mi riferisco in questo caso a chi si occupa di Ricerca & Selezione di personale che da tempo segnala la crescente difficoltà a reperire qualsiasi tipo di figura professionale. Del resto basta farsi un giro in alcune delle provincie lombarde, per vedere aziende produttive ma anche attività commerciali esporre fuori dalle proprie sedi, annunci di ricerche di personale.
I dati parlano
Già a giugno dello scorso anno, su un totale di 560 mila entrate al lavoro previste, 219mila (39,2%) risultavano di difficile reperimento. Nello stesso mese del 2019, il valore si attestava al 25,6%. (Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro). A crescere, è stata la carenza di candidati (23,7% contro il 12,2% del 2019), mentre la quota di aziende che associa la difficoltà di reperimento alla preparazione inadeguata degli stessi è rimasta simile (11% circa).
Questi sono i risultati che emergono da una ricerca condotta dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro. Secondo la ricerca tra i profili divenuti sempre più difficili da trovare sul mercato del lavoro spiccano i farmacisti, i biologi e gli specialisti nelle scienze della vita e i medici.
Noi in quanto società specializzata nella Ricerca & Selezione di personale, non possiamo che avvallare i dati della ricerca, aggiungendo tuttavia che le figure di difficile reperimento sono solo quelle individuate nella ricerca, ma anche ingegneri, tecnici di automazione, contabili, esperti di controllo di gestione. Insomma l’elenco delle figure sempre più complicate da reperire nel mercato del lavoro, sono in continua crescita.
Sempre meno in cerca di lavoro, anche tra gli immigrati
A pesare sono diversi fattori, a partire dal calo demografico. Tra 2018 e 2021, la popolazione in età da lavoro, dai 15 ai 64 anni, si è ridotta di misura, con una perdita di 636mila residenti (-1,7%) di cui 262mila con meno di 35 anni (-2,1%).
A questo si è aggiunta una ricomposizione interna di tale fetta di popolazione: si è ridotta la componente attiva di chi ha un lavoro e lo cerca (-831mila per un decremento del 3,3%) e, di contro, è aumentato il numero di quanti non cercano lavoro o sono scoraggiati a farlo (+194mila, per un incremento dell’1,5%).
Secondo i consulenti si tratta di un dato importante, che certifica un fenomeno più generale di allontanamento dal lavoro, prodotto da cause diverse, tra cui il rifiuto di lavori a bassa remunerazione, la crescita di forme di lavoro irregolare, l’aumento del numero dei percettori di sussidi pubblici avvenuta durante la pandemia o, più semplicemente, una revisione delle priorità di vita nel dopo pandemia, che ha portato ad una visione diversa del lavoro nella vita delle persone. Anche tra le componenti tradizionalmente più vitali, come gli immigrati, si riscontrano le stesse tendenze, in forma anche più marcata. A fronte, infatti, di una crescita della popolazione di origine straniera in età attiva (+1,6%), le forze lavoro sono diminuite del 3,5%, mentre è cresciuta esponenzialmente l’area dell’inattività (+14,4%).
Le dinamiche cambiano
Dal nostro punto di osservazione, nel corso del 2023, stiamo osservando un altro fenomeno. Sembrerebbe che nelle piattaforme specialistiche per la ricerca di personale, molte persone, candidati stiano diventando sempre meno interessate a riceve offerte d’impiego, essendosi ormai abituate a ricevere quotidianamente richieste di contatto o proposte d’impiego. Inoltre, nel momento in cui un candidato decide di partecipare ad un processo di selezione, troviamo sempre con maggior frequenza, quale unica motivazione al cambiamento di lavoro, l’incremento salariale.
In genere, quando un candidato accetta di partecipare ad un processo di selezione, è probabile che sia impegnato contemporaneamente in 2/3 procedimenti simili. Si arriva quindi in fondo ad un processo di selezione dove un candidato potrebbe ricevere contemporaneamente da più aziende differenti proposte di assunzione.
Cercasi farmacisti e medici
Farmacisti, i biologi e gli specialisti nelle scienze della vita da una parte e i medici dall’altra sono tra i profili sempre più difficili da trovare sul mercato del lavoro: per entrambi questi gruppi professionali, considerati irreperibili rispettivamente dal 76,1% e 63,2% delle aziende, il tasso di carenza sul mercato è cresciuto di quasi 50 punti percentuali rispetto al 2019. A seguire, i tecnici della sanità e dei servizi sociali vedono crescere significativamente la concorrenzialità sul mercato: il 54,6% dei profili risulta irreperibile, ma nel 2019 la percentuale si attestava al 32,4%
Carenza anche per operai specializzati e nel commercio
Naturalmente le stesse difficoltà si trovano oggi, anche nel reperire operai specializzati, conduttori di impianti, manutentori (di ogni tipo) programmatori, informatici, ecc. In generale si registra una crescente difficoltà delle aziende, per gli operai metalmeccanici, chimici e conduttori di mezzi di trasporto: qui la crescita è stata dal 34,3% al 50,8%. Ma mancano sempre più all’appello anche i lavoratori per quelle professioni che non richiedono particolari titoli ed expertise: è sempre più difficile, rispetto al giugno 2019, trovare personale generico nelle costruzioni (dal 6,2% al 30,7%) e nelle attività commerciali e di servizio (dal 5% al 24,5%).
Rischio irreperibilità per 1,5 milioni di profili fino al 2026
«C’è l’esigenza – si legge nel rapporto – di intervenire in tempi rapidi sulle tante variabili di un mercato che ha voglia di crescere e le cui condizioni potrebbero essere favorevoli anche a soddisfare il desiderio degli italiani di un lavoro migliore». Il rischio che di qui ai prossimi quattro anni, la situazione possa diventare più critica: il rapporto previsivo di Unioncamere Excelsior sui fabbisogni occupazionali a medio termine (2022-2026) prevede una domanda di circa 4,3 milioni di lavoratori. Già oggi è possibile prevedere che almeno 1 milione 350mila possano andare in fumo per assenza di candidati. E, sottolineano i Consulenti del lavoro, si tratta di «una stima prudenziale»